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E se fossimo noi stessi una storia?

C’era una volta, non molto tempo fa, una donna che aveva deciso di vivere quello che restava della sua vita su una casa su un albero. La chiamavano Manì e portava con se sempre un taccuino giallo di cui era molto gelosa. In giro si diceva di lei che fosse una tipa strana. La diversità, le scelte radicali, la non paura di vivere ci rende sempre strani agli occhi della gente. Credo che sia lì che vieni classificato come non normale. La normalità, già, un mondo che Manì sfidava quotidianamente, e sorrideva ogni qualvolta incrociava occhi perplessi e parole di ammonimento. Andare per la sua strada era quello che le riusciva meglio perchè in fondo ognuno vive come può e come vuole. La sua casa sembrava più una biblioteca che altro, la biblioteca sull’albero amava definirla. La sua piantina di erbe aromatiche dava un tocco di calore a quella finestrella multicolor. Non amava definirsi solare, ma sapeva di avere un arcobaleno dentro, mille sfumature, mille desideri ognuno di un colore diverso. Mille sogni da non lasciare in un cassetto a prendere polvere. Viveva molte vite, la sua e quella dei tanti personaggi che incontrava nei suoi libri. Poteva asserire che c’era quando Mosè costruì l’arca, quando Babilonia aveva Hammurabi come re o ancora quando Renzo sposò Lucia. Poteva vantare di aver visto ‘Ntoni cucinare nella casa del nespolo. Questa era Manì e il suo mondo. Questo è il coraggio di una donna che potrebbe insegnare ad ognuno di noi come vivere o ancora meglio come sopravvivere. Chissà che non sia proprio lei, uno di questi giorni, quella che ci racconterà una storia, magari non la sua ma quella che ognuno di noi sogna per se stesso.

 

josomersim immersa nel suo sogno

Io sono sola, proprio sola, con le spalle al muro pronta a lottare contro il resto del mondo. E mi viene quasi male quando ci penso. Caccio via il cattivo pensiero e continuo nella mia finzione.

Judy Abbot

 

La fame sono io. Per fame, intendo quel buco spaventoso di tutto l'essere, quel vuoto che attanaglia, quell'aspirazione non tanto all'utopica pienezza quanto alla semplice realtà: là dove non c'è niente, imploro che vi sia qualcosa.

Amélie Nothomb

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